Rassegna Stampa 2012

Tre giovani talenti del violoncello si confrontano con le suites di Bach nel concerto pasquale di Napolinova

Scritte probabilmente fra il 1717 ed il 1723, quando Bach era al servizio del principe di Köthen, le Sei suites per violoncello solo, catalogate come BWV 1007-1012, rappresentano una delle massime espressioni di musica composta per questo strumento. Esse sono costituite secondo uno schema che prevede un Preludio iniziale, seguito da quattro danze, Allemanda, Corrente, Sarabanda, Giga e, tra le ultime due, l’inserimento di una coppia di danze supplementari (ad esempio, nella Suite n. 1 troviamo due Minuetti). La Sarabanda costituisce, quindi, il cuore dell’intero brano ed ha il duplice scopo di scaricare le tensioni accumulate nei movimenti precedenti e preparare il terreno ai tre tempi conclusivi. Le Suites sono giunte fino a noi grazie ad una copia del manoscritto originale, redatta da Anna Magdalena, seconda moglie del compositore, il che recentemente ha fornito lo spunto ad uno studioso per attribuirle a lei, ipotesi prontamente smentita da colleghi più autorevoli. Inoltre, va ricordato che, fino alla fine dell’Ottocento, furono considerate alla stregua di studi di scarso valore e, in quanto tali, snobbati da musicologi ed interpreti. Fu Pablo Casals (1876-1973), quando aveva appena tredici anni, a capire l’importanza di questi brani, dopo aver acquistato, quasi per caso, la partitura completa in un negozietto di Barcellona. Il grande violoncellista le studiò assiduamente per più di un decennio, prima di proporle progressivamente al pubblico e, da quel momento, le suites iniziarono un’inarrestabile ascesa verso la notorietà. Questa, per sommi capi, la storia di un capolavoro che è stato recentemente al centro del concerto pasquale organizzato dall’Associazione Napolinova, durante il quale tre giovani violoncellisti hanno eseguito altrettante suites di Bach nella splendida cornice della Sala Vasari, situata nella chiesa di S. Anna dei Lombardi. Il primo ad esibirsi è stato il quattordicenne Giovanni Meriani, confrontatosi con la Suite n. 1 in sol maggiore BWV 1007, seguito dal ventiduenne Thomas Rizzo. Quest’ultimo, oltre ad interpretare la Suite n. 2 in re minore BWV 1008, ha proposto anche il Capriccio n. 6, dai Dodici Capricci, op. 25 di Carlo Alfredo Piatti (1822-1901), bergamasco trapiantato a Londra, dove soggiornò per circa mezzo secolo, che Liszt definì “il Paganini del violoncello”. Il recital si è chiuso con Antonio Amato, che ha eseguito la Suite n. 3 in do maggiore BWV 1009 e, come gran finale, il Capriccio n. 20 del tedesco Friedrich Grutzmaker (1832-1903), anch’egli grande e celebrato virtuoso, forse il primo a comprendere l’esatto valore delle suites bachiane, al quale nel 1898 fu affidata la parte solista nell’esordio del Don Chisciotte di Richard Strauss. Per quanto riguarda gli interpreti, di origine salernitana, non è assolutamente il caso di fare graduatorie di preferenza, anche se, ascoltare un quattordicenne che si cimenta in modo così intenso con Bach, come Giovanni Meriani, sicuramente lascia una forte impressione. Ma, ad ogni modo, tutti e tre i protagonisti, che provengono dalla scuola del prestigioso maestro rumeno Ilie Ionescu, meritano un enorme plauso, poiché si tratta di giovani di indiscutibile talento, che possono raggiungere mete elevatissime. Per tale motivo auguriamo loro una carriera ricca di successi e, nel contempo, non possiamo fare a meno di ringraziare Napolinova, nella figura del suo direttore artistico Alfredo de Pascale, unica a perseguire una politica volta a dare spazio ai giovani musicisti.

La rassegna “Domeniche in Arte” dell’associazione Napolinova apre con il concerto del duo
formato da Cecilia Videtta e Simonetta Tancredi

Primo appuntamento, nell’Auditorium della chiesa vomerese di San Francesco d’Assisi, con “Domeniche in Arte”, rassegna organizzata dall’associazione Napolinova, nell’ambito del Maggio dei Monumenti 2012, che ci accompagnerà fino alla prima domenica di giugno. Il concerto inaugurale ha ospitato Cecilia Videtta (soprano) e Simonetta Tancredi (cembalo), che si sono confrontate con un programma dedicato al repertorio barocco. Apertura con Il mio ben quando verrà (da “Nina Pazza per amore”) e Nel cor più non mi sento (da “La bella molinara”), entrambe di Paisiello, intervallate da Vittoria! Vittoria!, aria di Carissimi su testi di Domenico Benigni. Al tedesco Johann Paul Schwarzendorf che, una volta trasferitosi in Francia, si fece chiamare Jean Paul Martini, apparteneva Plaisir d’Amour, motivo ripetutamente utilizzato in tempi moderni, sia nel cinema che nella musica leggera. E’ stata quindi la volta di una breve panoramica sulla produzione cembalistica di Cimarosa, con alcune Sonate, seguite da tre arie haendeliane, Lascia ch’io pianga (da “Rinaldo”), Piangerò e V’adoro pupille (da “Giulio Cesare”), la prima affidata alla figura di Almirena, promessa sposa di Rinaldo, le altre due al personaggio di Cleopatra. Maschile era invece il protagonista del celebre Le violette, cantata da Mario (figlio di Pirro) nel “Pirro e Demetrio” ovvero “La Forza della Fedeltà”, opera di Alessandro Scarlatti, su testi di Adriano Morselli, che ebbe la prima nel 1694 al Teatro San Bartolomeo di Napoli. Un’altra pagina cembalistica, la Sonata in do maggiore di Baldassarre Galuppi, detto il Buranello in quanto nativo di Burano, ha preceduto la parte conclusiva, rivolta prima a Vivaldi, con il Domine Deus, dal Gloria RV 589 e Io son quel gelsomino (aria di Mirinda da “Arsilda regina di Ponto”), poi a Caro mio ben di Giordani, ed infine a Gluck con la famosa Che farò senza Euridice? da “Orfeo”. In complesso le due artiste hanno proposto una vasta panoramica legata agli albori dell’opera (non a caso il concerto era intitolato “Le origini del belcanto”), fornendo una prova di notevole livello, durante la quale hanno evidenziato un ottimo affiatamento e, nel caso della Tancredi, si è potuto apprezzare anche il suo valore come solista al cembalo. Non poteva quindi mancare il bis, consistente nella celeberrima Ombra mai fu, aria di apertura del “Serse” di Haendel, che ha ottenuto un alto gradimento da parte del pubblico. A proposito del pubblico, va sottolineato come parte degli spettatori presenti si siano resi protagonisti di numerosi episodi di maleducazione, che si sono succeduti in modo costante durante l’intero recital, nonostante le raccomandazioni fatte prima del concerto da Alfredo de Pascale, direttore artistico della rassegna. Ciò che allarma maggiormente è che tali serate, organizzate dall’associazione Napolinova, sono seguite da anni dallo stesso gruppo di persone, per cui tutti dovrebbero ormai conoscere il modo di comportarsi durante un evento di musica classica, e la presenza di volti nuovi, strettamente legati alla diversa sede, non basta a giustificare quanto accaduto. La riprova giungerà fra brevissimo tempo, visto che l’associazione a maggio ha in programma una nutrita serie di appuntamenti e, già dalla prossima volta, ci auguriamo di poter limitare il nostro resoconto esclusivamente al lato artistico.

Uno splendido recital di Gianluigi Giglio mette in evidenza alcuni brani del repertorio
chitarristico dell’Ottocento

Terzo appuntamento con le “Domeniche in Arte”, rassegna organizzata dall’associazione Napolinova, nell’ambito del Maggio dei Monumenti 2012, che si svolge nell’Auditorium della chiesa di San Francesco d’Assisi. La serata, dal titolo “Una chitarra napoletana dell’Ottocento”, ha avuto come protagonista Gianluigi Giglio, che ha proposto alcuni brani tratti dal repertorio di compositori noti e meno conosciuti, attivi a cavallo fra il XVIII ed il XIX secolo. Apertura con “La caccia”, dai Tre rondò, op. 4 di Federico Moretti, del quale non si conosce molto, a cominciare dalle date di nascita e morte. Di origine presumibilmente napoletana, partì alla volta della Spagna, dove abbinò la carriera artistica a quella militare, e scrisse anche uno dei primi metodi per suonare la chitarra a sei corde. La successiva Sonata op. 21, n. 1 di Ferdinando Carulli (1770-1841), risalente al 1811, metteva in evidenza un altro autore nato a Napoli, che si spostò poi in Francia, diventando uno dei più noti musicisti della scena parigina, nella duplice veste di interprete e docente. A seguire uno sguardo sulla Spagna, con due illustri musicisti, esecutori, nonché autori di trattati relativi alla tecnica chitarristica, Dionisio Aguado (1784-1849) e Fernando Sor (1778-1839). Del primo abbiamo ascoltato un movimento dal Rondò op. 2 n. 1, mentre al secondo apparteneva l’Introduzione e Variazioni op. 9 sull’aria “O cara armonia”, da “Il flauto magico” di Mozart. Il concerto si è chiuso con la Sonatina op. 71 n. 1 del pugliese Mauro Giuliani (1781-1829), altra grande personalità di inizio Ottocento, sia come esecutore, tanto da essere definito il “Paganini della chitarra”, sia come compositore. Trasferitosi a Vienna, raggiunse una celebrità pari a quella di Beethoven e Rossini e collaborò con Hummel e Moscheles, ma poi per rovesci finanziari dovette abbandonare l’Austria e trascorse gli ultimi anni a Napoli, circondato dalla stima dei regnanti locali. Per quanto riguarda l’interprete, Gianluigi Giglio ha messo in mostra tutta la bravura e la raffinatezza che contraddistinguono da sempre le sue esibizioni, aiutato in questo anche dalle ottime sonorità di una chitarra di fabbricazione napoletana (naturalmente dell’Ottocento). Grande successo di pubblico e bis di elevata difficoltà rivolto alle Variazioni e Finale sul tema favorito napoletano “La Riccioletta”, op. 141 di Giuliani, il cui motivo di partenza è poi divenuto celebre grazie soprattutto a Paganini, con il titolo di “Carnevale di Venezia”. In conclusione un recital caratterizzato da un programma di grande spessore storico-musicale, che ha abbinato, in modo molto equilibrato, virtuosismo ed atmosfere romantiche.

Un duo chitarristico prestigioso chiude le “Domeniche in Arte” di Napolinova

L’ultimo appuntamento delle “Domeniche in Arte”, organizzate dall’associazione Napolinova in collaborazione con l’Assessorato alla Cultura e al Turismo del Comune di Napoli e con la Municipalità 5 del Comune di Napoli, ha ospitato due grandi protagonisti della scena chitarritica internazionale, Paolo Lambiase e Pietro Viti, che si sono confrontati con un vasto repertorio legato all’Ottocento ed al Novecento. L’apertura è stata dedicata all’Ouverture da “Il barbiere di Siviglia” di Rossini nella versione di Mauro Giuliani (1781-1829), compositore e virtuoso della chitarra, nato a Bisceglie, che si spostò a Vienna, dove ottenne un enorme successo. Per motivi finanziari dovette, poi, lasciare l’Austria e, nell’ultimo periodo della sua vita, soggiornò a Napoli, circondato da una grande considerazione. A seguire abbiamo ascoltato la Serenata n. 1 in la maggiore, op. 96 di Ferdinando Carulli (1770-1841), autore napoletano che si trasferì in Francia, dove divenne uno dei principali protagonisti della vita culturale parigina. Lo sguardo sul Novecento è iniziato con il fiorentino, di origine ebrea, Mario Castelnuovo-Tedesco (1895-1968), che fu costretto a fuggire negli Usa all’indomani della promulgazione delle leggi fasciste “a difesa della razza”. Compositore di grande livello, che meriterebbe di essere rivalutato, affrontò tutti i vari generi, scrivendo anche moltissimi pezzi per chitarra. A questa parte della produzione appartenevano i preludi e fughe eseguiti durante il concerto, tratti dai 24 preludi e fughe per due chitarre, op. 199, che costituiscono il ciclo noto anche come Les guitares bien tempérées. E’ stata poi la volta della Suite all’antica dell’uruguaiano Guido Santorsola (1904-1994), nato in Puglia, emigrato a 4 anni in Brasile e spostatosi nel 1936 a Montevideo, autore interessante quanto misconosciuto, mentre la chiusura è stata affidata a cinque “Micro Piezas” del cubano Leo Brower (1939), simbolo del Novecento moderno, ma ancora piuttosto moderato. Per quanto riguarda i due chitarristi, Paolo Lambiase e Pietro Viti formano un duo straordinario e prestigioso, formatosi nel lontano 1982, caratterizzato da solidità esecutiva, professionalità, perfetto affiatamento ed estrema versatilità, che permette loro di spaziare nell’ambito della vasta letteratura, dal barocco ai giorni nostri, come testimoniato anche dal bis scarlattiano che ha chiuso il recital. Pubblico numeroso e, in quanto tale, fonte di continue e pericolose sorprese. All’immancabile signora con i bracciali musicali agitati per l’intero concerto, al cellulare che squilla durante l’adagio e al seviziatore di programmi di sala, si aggiungeva una figura tipicamente estiva, la sventagliatrice a tradimento (che apre e chiude violentemente il ventaglio solamente durante i tempi lenti). C’è stato anche chi, forse per emulare la pubblicità Sky, ha pensato bene di sfilarsi le scarpe e sfogliare un giornale patinato, mostrando al compagno, con fare compiaciuto, le immagini più suggestive del mensile. Per non parlare di tutti quelli che, una volta conclusa la parte ufficiale del concerto, colti da un’irrefrenabile voglia di tornare a casa, hanno ostruito il passaggio ai due artisti, che cercavano di rientrare sulla scena per ricevere altri meritati applausi ed eseguire il bis. Continuiamo a chiederci, agli sgoccioli di una stagione che ha segnato, un po’ ovunque, un ulteriore peggioramento del pubblico, perché certa gente continui a frequentare i concerti quando potrebbe fare mille altre cose e lasciare il posto a persone veramente interessate, soprattutto in casi come questo, contraddistinto da una affluenza numerosa, che ha costretto molta gente a rimanere in piedi. Ad ogni modo Napolinova non va ancora in vacanza, perché a luglio sono previsti i consueti appuntamenti estivi con i “Pomeriggi in Concerto” al Museo Archeologico Nazionale, principalmente rivolti ai saggi finali delle varie masterclass, come sempre di grande interesse.

Un interprete bravo e molto giovane al Festival pianistico di Napolinova

Prosegue con grande successo di pubblico la XVI edizione del Festival pianistico, organizzato da Alfredo de Pascale, direttore artistico dell’Associazione Napolinova. La manifestazione, che si svolge nella splendida Cappella del Vasari, situata all’interno della Chiesa di Sant’Anna dei Lombardi, ha recentemente ospitato il recital del pianista Pietro Gatto, classe 1986, confrontatosi con un repertorio molto vario ed articolato. Il concerto ha avuto inizio nel segno di Domenico Scarlatti, con la Sonata K 9 in re minore, appartenente alla raccolta “Essercizi per gravicembalo”, l’unica curata personalmente dall’autore, dove sono presenti appena trenta delle 555 sonate che rappresentano il corpus complessivo dell’opera clavicembalistica scarlattiana. A seguire abbiamo ascoltato il Preludio e Fuga n. 12 in fa minore BWV 857, dal bachiano “Clavicembalo ben temperato”, che ha preceduto la celeberrima Sonata in do diesis minore op. 27, n. 2 di Beethoven, pubblicata nel 1802 con dedica alla contessa diciassettenne Giulietta Guicciardi. Il pezzo, secondo un’usanza molto frequente del periodo romantico, fu poi ribattezzato con l’appellativo “Chiaro di luna”, dal critico musicale e poeta Ludwig Rellstab che, nel primo movimento, scorse l’immagine della luna riflessa sul lago di Lucerna. Dopo un breve intervallo, la seconda parte è iniziata con la Ballata n. 4 in fa minore, op. 52 di Chopin, appartenente ad un genere che, nella nuova concezione dell’autore polacco, faceva a meno della presenza del testo, divenendo esclusivamente strumentale. Una tradizione ancora radicata, di origine schumanniana, vuole che Chopin si sia ispirato, per questi suoi brani, alle liriche del connazionale Adam Mickiewicz, ma l’ipotesi non è oggi più supportata da consensi unanimi, in quanto molti, preso atto della minore propensione del musicista al connubio fra musica e poesia, considerano la ballata indicativa soltanto del percorso legato all’evoluzione dello stile chopiniano. Con Les sons et les parfums tournent dans l’air du soir, Des pas sur la neige e Ce qu’a vu le vent d’Ouest, tratti dal Primo Libro dei Preludi, scritto fra il dicembre 1909 ed il febbraio 1910, si è passati all’universo di Claude Debussy, al quale è dedicato il festival pianistico di quest’anno, centocinquantesimo dalla nascita del musicista francese. Chiusura con la virtuosistica Tarantella di Liszt, (da “Venezia e Napoli”, supplemento al secondo anno de “Les Années de pèlerinage”), che ha ulteriormente riscaldato il pubblico (già di per sé abbondantemente “euforico”). Riguardo all’interprete, Pietro Gatto è sicuramente un bravo pianista, da seguire con attenzione perché possiede grandi potenzialità, che lo porteranno molto lontano. L’unico consiglio che ci sentiamo di dargli è quello di concepire programmi un po’ più omogenei perché, se da un lato arrivare a Debussy, partendo da Scarlatti e Bach, risulta indubbiamente segno di notevole versatilità, dall’altro si rischia di proporre agli spettatori una compilation dotta, ma priva di un filo conduttore. Relativamente al pubblico, condividiamo il visibilio nei confronti di un giovane e dotato interprete, mentre stendiamo un velo pietoso, ripromettendoci di approfondire l’argomento, su alcune nuove categorie di disturbatori, che si stanno affacciando minacciosi sulla scena concertistica, quali gli “agitatori di mazzi di chiave” e gli “stropicciatori di programmi di sala”.

Fiorenzo Pascalucci chiude in grande stile il Festival Pianistico di Napolinova

L’ultimo appuntamento con la XVI edizione del Festival Pianistico, organizzato dall’associazione Napolinova, sotto la direzione artistica di Alfredo de Pascale e svoltosi nella splendida cornice della Sala Vasari, ha ospitato Fiorenzo Pascalucci, recentissimo vincitore del premio “Città di Sacile”. Il giovane pianista ha iniziato il suo recital con la Sonata in do maggiore op. 2, n. 3, ultima di un trittico dedicato a Haydn e composto fra il 1794 ed il 1795 da Ludwig van Beethoven. Il successivo Scherzo n. 2 in si bemolle minore, op. 31 di Chopin, risalente al 1837, aveva come dedicataria la contessa Adèle de Fürstenstein. Fra i brani più noti della produzione dell’autore polacco, fece colpo immediatamente anche su Schumann che lo paragonò a una poesia di Byron. Dopo un breve intervallo, è stata la volta del Novecento, con i Drei Klavierstücke, op. 11 (1909), che segnarono il punto saliente nel passaggio della musica di Arnold Schönberg dalla tonalità alla dodecafonia. La parte conclusiva rappresentava invece un duplice omaggio a Debussy, del quale si celebrano i 150 anni dalla nascita, con Estampes (1903), opera che apriva, con i suoi abbinamenti fra musica e luoghi geografici (o luoghi della memoria), la stagione impressionistica, e con L’isle joyeuse (1904), ispirata al quadro di Watteau “L’imbarco per Citera”. Uno sguardo ora sul protagonista, che già avevamo avuto modo di apprezzare in una serata rivolta al Novecento, come componente del duo “Sein und Zeit” (“Essere e Tempo”). Anche in questa occasione Fiorenzo Pascalucci, in un recital complessivamente di ottimo livello, ha mostrato la sua predilezione per il repertorio del secolo scorso, riuscendo in un vero e proprio miracolo, consistente nell’ottenere un silenzio ed un’attenzione incredibili, nel momento in cui ha eseguito i tre brani di Schönberg. Da questo punto di vista, considerando anche una Sala Vasari piena all’inverosimile, dobbiamo fare i complimenti anche agli spettatori, che hanno perciò meritato i ben tre bis, rivolti rispettivamente a Debussy, Chopin e Domenico Scarlatti, con i quali si è ufficialmente chiusa la XVI edizione del Festival Pianistico di Napolinova, rassegna caratterizzata dalla presenza di interpreti tutti bravi e spesso anche molto giovani.

Ai “Pomeriggi in Concerto” il pianista Davide Valluzzi conferma il suo grande talento nelrecital dedicato a Maria Pia Ansalone Napolitano

Davide Valluzzi è stato protagonista del recente appuntamento con i “Pomeriggi in Concerto”, rassegna che si svolge nel Museo Archeologico Nazionale, la cui direzione artistica è affidata al maestro Alfredo de Pascale. Il pianista pugliese, vincitore del Premio Pianistico Internazionale “Napolinova” 2012, si è aggiudicato, nella medesima competizione, anche il premio speciale come primo fra gli italiani ammessi alla finale, istituito quest’anno da Alberto Napolitano Pianoforti per onorare la memoria della signora Maria Pia Ansalone Napolitano, da poco scomparsa, titolare per molti anni della storica ditta. A lei era dedicato il concerto, al quale ha partecipato una nutrita rappresentanza della famiglia Napolitano, apertosi con la Sonata in re maggiore, op. 10 di Ludwig van Beethoven (1770-1827), ultima di un terzetto di brani pubblicati nel 1798, con dedica alla contessa Anna Margarete von Browne, moglie di uno dei primi mecenati dell’autore tedesco. E’ stata poi la volta di un omaggio a Claude Debussy (1862-1918), del quale ricorrono i 150 anni dalla nascita, con la proposizione del I libro di Images, raccolta completata nel 1905 e formata da Reflets dans l’eau, Hommage à Rameau e Mouvement, pezzi tipicamente impressionistici. Sulla stessa lunghezza d’onda e risalenti al medesimo anno, i successivi pezzi dello spagnolo Isaac Albéniz (1860-1909), tratti da Iberia, suite rivolta ai luoghi e ai ritmi della Spagna, suddivisa in quattro libri, per un totale di 12 pezzi (tre per ogni libro). In particolare abbiamo ascoltato il I libro, comprendente Evocación, legato ai ricordi musicali dell’infanzia del musicista spagnolo, El puerto, dedicato a Cadice e Fête-dieu à Seville, che descrive la processione del Corpus Domini. Ultimo brano proposto Après une lecture du Dante: Fantasia quasi sonata di Franz Liszt (1811-1886), appartenente al secondo volume de Les Années de Pèlerinage (1849), pezzo molto complesso, scaturito dalle impressioni ricevute dal compositore mentre leggeva la Divina Commedia. Confrontandosi con questo programma, Davide Valluzzi ha confermato di essere un pianista bravo, versatile e molto sensibile, meritevole dei premi finora vinti, degno rappresentante della scuola pugliese che, in questi anni, sta sfornando una serie di ottimi elementi. L’unico rammarico è che, rispetto alla serata finale del Premio Pianistico “Napolinova”, tenutasi nella Sala Vasari, l’atmosfera era molto meno raccolta, complice anche il gran caldo. A farne le spese è stato soprattutto Debussy che, se accompagnato da una batteria di ventagli in piena agitazione, risulta decisamente poco piacevole. Ricordiamo, infine che, prima della consegna ufficiale del premio (consistente in una borsa di studio di 500 Euro), Valluzzi ha eseguito, come bis, la suggestiva Romanza n. 2, op. 28 di Schumann, emersa a fatica dal via vai delle persone che uscivano e, accortesi del fatto che il concerto aveva una coda, rientravano rumorosamente nella sala.

Un duo di assoluto valore ai “Pomeriggi in Concerto” di Napolinova

Nuovo appuntamento, al Museo Archeologico Nazionale, con l’edizione estiva dei “Pomeriggi in Concerto” di Napolinova, affidata alla direzione artistica del maestro Alfredo de Pascale. Questa volta la rassegna ha ospitato il “Duo Souvenir”, costituito da Carla Senese (mandolino) e Riccardo Del Prete (chitarra), che ha proposto una serie di brani incentrati sul repertorio mandolinistico. Proprio l’attuale stato dell’arte relativo a tale strumento è stato il tema della conversazione fra Alfredo de Pascale e Carla Senese, che ha preceduto il concerto. Durante questo breve prologo è emerso che il mandolino, fra i principali luoghi comuni con i quali si soleva identificare Napoli, ha oggi una diffusione mondiale, in termini di esecutori e liutai, e da molti anni non rappresenta più, come tante altre cose, un’esclusiva eccellenza partenopea. In più, anche la produzione non è ferma, ma ha trovato nuova linfa per cui, insieme al leggendario compositore, solista e liutaio Raffaele Calace (1863-1934), all’italo-americano Joseph Sgallari (1868-1926) e all’immancabile Piazzolla, il “Duo Souvenir” ha portato all’attenzione del pubblico brani di musicisti contemporanei, come la Danse Bulgare n. 2 del francese Claude Engel e Pompeya, dell’argentino Máximo Diego Pujol. Non è mancata l’ampia pagina rivolta ad autori campani, rappresentata da Ron y Cola di Luca Iacono, la Fantasia n. 5, dedicata al duo da Antonio Grande, Tango di Luciano Accarino e Cançao pra Dora, nell’arrangiamento di Del Prete, appartenente al repertorio di Gianni Palazzo, eseguita come splendido bis. Il programma, di estrema piacevolezza, ha contribuito a far emergere un duo di grande spessore e molto versatile dove la parte del leone era riservata al mandolino della bravissima Carla Senese, il cui suono, nitido e preciso, si è esteso in tutta la sala, ma anche Riccardo Del Prete, con la chitarra, ha dimostrato tutta la sua abilità. Naturalmente, ma ormai è quasi inutile sottolinearlo, la nota negativa è arrivata dal pubblico, accorso numerosissimo nonostante il caldo infernale. Questo, se da un lato fa certamente onore a tutti i convenuti, dall’altro solleva interrogativi e perplessità sulle effettive intenzioni di chi viene ad assistere a questi eventi artistici, se durante tutto il tempo discorre con l’amica (o il marito o chi per lui). Ci viene spesso da pensare che, una parte degli spettatori, sia lì solo per trascorrere un pomeriggio domenicale diverso dal solito, senza curarsi di coloro i quali vorrebbero veramente seguire il concerto. Un esempio lampante al proposito, è legato al problema dell’aerazione, che risulta sicuramente indispensabile in giornate come queste, considerando anche la mancanza totale di condizionamento, ma che non può essere risolto aprendo e chiudendo il ventaglio continuamente, con inaudita violenza e brandendolo quasi fosse una clava, come fanno alcune “distintissime” rappresentanti del gentil sesso. I “Pomeriggi in Concerto” proseguiranno, venerdì 20 e sabato 21 luglio, con gli allievi del Master internazionale tenuto dal celebre pianista Antonio Pompa-Baldi, che fornirà anch’egli un saggio della sua bravura.

Giovani pianisti da tutto il mondo ai “Pomeriggi in Concerto” di Napolinova

Sono stati gli allievi del Master Internazionale di Pianoforte, tenuto da Antonio Pompa-Baldi, i protagonisti del recente appuntamento con i “Pomeriggi in Concerto”, organizzati dall’associazione Napolinova al Museo Archeologico Nazionale, sotto la direzione artistica di Alfredo de Pascale. Evento sempre molto atteso per la qualità dei partecipanti, il Master offre la possibilità di apprezzare, nel saggio conclusivo, giovani pianisti giunti da ogni parte del mondo. Quest’anno la manifestazione, divisa in due giorni, è stata impreziosita dall’esibizione del docente in persona, solista di fama internazionale, nativo di Foggia e trapiantato da molto tempo negli USA, dove insegna al Cleveland Institute of Music. All’insegna di Chopin il programma del primo giorno, apertosi con la Sonata n. 2 in si bemolle minore, op. 35, eseguita con grande trasporto ed intensità da Antonio Pompa-Baldi, alla quale ha fatto seguito la Barcarola, op. 60 in fa diesis maggiore, interpretata dalla cinese July Yang. Si è poi passati a Brahms con tre dei Sei Klavierstücke, op. 118, suonati dal molisano Enzo Oliva, per ritornare all’autore polacco con l’Andante spianato e polacca brillante in mi bemolle maggiore, op. 22 della svizzera Anna Lisa Giordano, che ha chiuso in bellezza questa prima parte. Il secondo giorno è stata la napoletana Francesca Testa ad aprire il concerto con il movimento iniziale della Sonata n. 32 in do minore, op. 111 di Beethoven, mentre il coreano Moo Hyun Choo si è confrontato con le due Rapsodie, op. 79 di Brahms. E’ toccato quindi allo statunitense Colby Charnin, che ha eseguito i primi due movimenti della Sonata n. 3, op. 58 in si minore di Chopin, ed infine la diciassettenne indonesiana Aileen Gozali ha chiuso il recital con il primo e l’ultimo tempo della Sonata op. 2, n. 3 in do maggiore di Beethoven. Il livello dei pianisti è risultato, come ogni anno, elevato, grazie al loro valore ed alla bravura del docente, che questa volta ha offerto anche un saggio della sua abilità interpretativa. Va ancora sottolineato come la differente provenienza degli allievi indichi un interesse nei confronti del pianoforte ormai senza confini e, a sostegno di tale affermazione, va segnalata la ragazza indonesiana, che ha evidenziato uno straordinario talento. Pubblico numeroso che, a prescindere dai soliti problemi (come ad esempio uno squillo di cellulare nel bel mezzo della marcia funebre della sonata chopiniana), va comunque elogiato per la sua costanza e per aver sfidato il caldo infernale.

I “Pomeriggi in Concerto” di Napolinova iniziano nel segno del violoncello

La sezione estiva dei “Pomeriggi in Concerto” di Napolinova si è aperta con due appuntamenti che hanno avuto come protagonisti gli allievi del Master di violoncello tenuto da Ilie Ionescu. Il primo, svoltosi al Museo Archeologico Nazionale, è stato preceduto da un breve incontro con il maestro romeno che, rispondendo ad alcune domande di Alfredo de Pascale, direttore artistico di Napolinova, ha esposto il suo punto di vista sul presente e sul futuro della musica in Italia e a Napoli, compreso naturalmente il settore violoncellistico, rammaricandosi della mancanza di ragazzi partenopei fra gli alunni del suo master. La parte musicale è iniziata con la piccola Martina Tranzillo, ancora alla ricerca di un buon violoncello adatto alla sua taglia (cosa che, in altri paesi, secondo quanto affermato da Ionescu, sarebbe stata già risolta tramite una sponsorizzazione), confrontatasi con l’Allegro dal Concerto n. 4 in sol maggiore, op. 65 del tedesco Goltermann. E’ stata poi la volta di Antonio Amato, che ha eseguito il Concerto in si minore, op. 104, di Antonín Dvořák, nella versione per violoncello e pianoforte, mentre Raffaella Cardaropoli, terza ed ultima interprete, ha proposto l’Allegro appassionato, op. 43 di Saint-Saëns e le Variazioni di bravura sulla quarta corda dal “Mosè” di Rossini di Niccolò Paganini (1782-1840). Il secondo concerto ha avuto luogo nella Sala Chopin, dove si sono esibiti Giulia Silveri (che studia da appena un anno), impegnata nell’Andante dal Concerto n. 2 di Romberg, Francesca Giglio, alle prese con lo Studio n. 4 in do minore di Jean-Louis Duport e la Sonata n. 4 di Marcello, e Giovanni Meriani, che ha interpretato l’Allegro dal Concerto per violoncello di Lalo. Anche in questa occasione Antonio Amato e Raffaella Cardaropoli hanno avuto il loro spazio, con il primo che ha suonato la Suite n. 3 in do maggiore BWV 1009 di Bach ed il Capriccio n. 6 in la bemolle maggiore di Piatti, e la seconda che ha eseguito il Concerto n. 1 in la minore, op. 33 di Saint-Saëns. Nel complesso i due incontri hanno evidenziato il valore di tutti gli interpreti, tenendo presente che, se alcuni sono alle prime armi, altri, nonostante la giovane età, appaiono piuttosto sicuri, grazie alle esperienze già maturate, a studi assidui ed al loro talento naturale. Una citazione merita anche Gaetano Santucci, che ha svolto con grande bravura il ruolo di pianista accompagnatore. Pubblico meno numeroso del solito, soprattutto nel secondo appuntamento, a riprova che il violoncello non gode dello stesso seguito di altri strumenti, quali il pianoforte, soprattutto perché gran parte degli abituali spettatori ignora quanto sia vario ed interessante il repertorio ad esso destinato.

Il chitarrista Matteo Catalano apre la stagione 2012 dei

“Pomeriggi in Concerto” di Napolinova

Comincia con un velo di tristezza il 2012 dei “Pomeriggi in Concerto alla Sala Chopin”, organizzati dall’Associazione Napolinova, poiché ad inizio anno è scomparsa Maria Pia Ansalone, anima della ditta Napolitano che ospita la rassegna. Per tale motivo, il primo appuntamento della stagione è stato preceduto da una breve ed intensa commemorazione, da parte del figlio Marco e del maestro Alfredo de Pascale, direttore artistico di Napolinova. Il concerto di apertura ha avuto come ospite il chitarrista Matteo Catalano, classe 1989, confrontatosi con alcuni brani che abbracciavano un vasto periodo, compreso fra il barocco e i nostri giorni. I primi due brani proposti, la Sonata K 208 di Domenico Scarlatti (1685-1757) e Preludio, Sarabanda e Giga, dalla Suite in mi minore BWV 996 di Johann Sebastian Bach (1685-1750), entrambe trascrizioni dagli originali concepiti rispettivamente per clavicembalo e per liuto. Alla produzione chitarristica del fiorentino Mario Castelnuovo-Tedesco (1895-1968), che per motivi razziali dovette abbandonare l’Italia, apparteneva invece Variations à travers les siècles op. 71 (1932), pezzo breve, moderno ma moderato, mentre la successiva Sonata gioiosa era di Joaquín Rodrigo (1901-1999), autore del celeberrimo Concierto de Aranjuez. Chiusura con il cubano Leo Brower, nato nel 1939, autore della Sonata per chitarra risalente al 1990 e dedicata a Julian Bream, i cui tre tempi, Fandangos y boleros, Sarabanda de Scriabin, Toccata de Pasquini, sono un pretesto per dare spazio alla fantasia del compositore, in chiave discretamente moderna. In complesso un programma quanto mai vario ed articolato, grazie al quale Catalano ha mostrato una notevole padronanza dello strumento e grande versatilità, affrontando con uguale perizia sia i brani del Settecento, che quelli moderni e contemporanei. A proposito di questi ultimi, in particolare nell’esecuzione di Brower, abbiamo notato un particolare fervore da parte del chitarrista, non contraccambiato dal pubblico, ormai imbalsamato e restio ad accettare qualsiasi cosa vada oltre le soglie di fine Ottocento. In conclusione, anche il recital di Catalano ha confermato come i “Pomeriggi in Concerto” di Napolinova continuino a rappresentare una vetrina privilegiata (e purtroppo unica) di giovanissimi talenti.

Un altro giovanissimo talento ai “Pomeriggi in Concerto” di Napolinova

Abbiamo già sottolineato come i “Pomeriggi in Concerto”, affidati ad Alfredo de Pascale, direttore artistico dell’Associazione Napolinova, rappresentino l’unica vetrina per i giovani musicisti di talento. La conferma si è avuta nel recente appuntamento, che ha portato alla ribalta la violoncellista Raffaella Cardaropoli, non ancora tredicenne, allieva di Ilie Ionescu ed iscritta al Conservatorio “Giuseppe Martucci” di Salerno. L’artista ha proposto un ampio repertorio che spaziava da pezzi per violoncello solo, a brani e trascrizioni per violoncello e pianoforte. Fra i primi ricordiamo lo Studio-capriccio n. 7 del francese Jean-Luis Duport (1749-1819), e lo Studio op. 73, n. 27 del ceco David Popper (1843-1913), entrambi compositori e violoncellisti, ed il Preludio dalla celeberrima Suite n. 1 in sol maggiore BWV 1007 di Johann Sebastian Bach (1685-1750). Per quanto riguarda le composizioni per violoncello e pianoforte, abbiamo ascoltato l’Allegro appassionato in si minore op. 43 di Camille Saint-Saëns (1835-1921) e lo Scherzo op. 12 dell’olandese Daniel van Goens (1858-1904), mentre la chiusura è stata dedicata alla versione cameristica del Concerto per violoncello ed orchestra n.1, op. 33 di Saint-Saëns. Un programma ampio ed articolato, attraverso il quale Raffaella Cardaropoli ha messo sicuramente in luce quel virtuosismo che piace tanto al pubblico facilmente impressionabile, alla continua ricerca di fenomeni. Ma la Cardaropoli, oltre ad una grande tecnica, possiede in pari misura una elevatissima sensibilità, che si traduce in un suono morbido ed avvolgente, caratteristica emersa nei brani dove si richiedeva più sentimento che virtuosismo, come nello struggente bis rivolto a “Il Cigno”, gioiellino appartenente al Carnevale degli Animali di Saint-Saëns. Una menzione merita anche il pianista Gaetano Santucci, che ha ben accompagnato la violoncellista, mostrando un ottimo affiatamento e, chiudiamo, augurandoci di poter ascoltare ancora un talento di straordinaria bravura come Raffaella Cardaropoli.

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